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Milano - Porta Venezia ma anche il resto del mondo, Italy
Cerco di parlare un po' d'Architettura, d'Urbanistica, Arte, Lifestyle, Musica e altro anche se non ne ho le qualità

giovedì 17 aprile 2008

Miuccia Prada da l'Espresso




Espresso: Il museo veste Prada
di Enrico Arosio

Letizia Moratti e il governo Prodi hanno conquistato l'Expo 2015. Un'occasione importante? Berlusconi sembra quasi invidioso.
«Non parlerò di Berlusconi. Letizia Moratti ha lavorato molto per il risultato, c'è stata collaborazione tra le parti politiche, l'esito è apprezzabile. Difficile commentare oggi. Se ben gestita, l'Expo può mobilitare risorse per Milano e l'Italia. Se si spreca l'occasione sarà un male. Ma non mi faccia domande di politica. Ho avuto diverse offerte e richieste di tipo politico; il giorno che deciderò di esprimermi politicamente, poiché la politica mi interessa e ho le mie idee, lo farò liberamente».

Lei è una figura internazionale basata a Milano. Da cittadina e imprenditrice quali sono le urgenze della città: infrastrutture, traffico, inquinamento?
«Perché mi vuole estorcere banalità? Non sono un'esperta di traffico né di periferie né di rom. Io opero nella moda e nella cultura. Milano per me ha delle urgenze culturali. Ha grande bisogno di apertura internazionale e offerte culturali di alto livello. È ancora isolata intellettualmente dai grandi flussi mondiali. È chiusa, e in questo rispecchia l'Italia».

L'Expo non è una prospettiva nuova? Un'occasione di ripensamento della città? A Torino, per i Giochi 2006 si è realizzato parecchio, rubando poco.
«Cosa posso dire? Speriamo. Ancora non mi è chiaro chi pagherà questa Expo. Io comunque non vedo grande allegria. Nostri assistenti giovani ci dicono: abbiamo voglia di andare a Londra, Parigi, New York. Molti dicono che si annoiano, che non c'è gara con altre grandi città. In realtà, mentre procede la globalizzazione economica e culturale, noi italiani stiamo diventando esotici».

Che cosa vuole dire?
«Quello che ho detto: gli esotici siamo noi. Io conosco bene Shanghai, Hong Kong, Bangkok, Tokyo, altre città cinesi e del Far East. E Hong Kong, ai miei occhi, è già vecchia rispetto a Shanghai. La velocità della trasformazione è impressionante, l'ansia di crescere, nel bene e nel male, fa quasi paura. A Dubai da un incrocio di etnie, indiane, africane, asiatiche nasce una nuova città. È in atto uno scambio epocale, anche violento. Quando torno in Italia mi accorgo di quanto siamo piccoli e antichi. O l'Europa si rafforza o rischia di essere spazzata via».

Da quali città europee, invece, Milano e Roma possono imparare qualcosa?
«Londra. Poi Berlino. Un po' meno Parigi. Londra ha un buon equilibrio tra senso del passato, presenza di giovani, attività innovative e soldi che circolano».

Voi protagonisti della moda italiana non dialogate molto tra voi. Ognuno fa per sé, è la sensazione, non fate squadra. È un limite?
«Non dialoghiamo molto, è vero, ma non è fondamentale. Per rendere attrattivo un paese ci vogliono città vivaci e internazionali, più che la collaborazione tra chi fa moda. Certo le istituzioni italiane potrebbero far molto di più per appoggiarci. A Parigi il ministro della Cultura va alle sfilate, i francesi si muovono nel mondo promuovendo il lusso come il vino e i formaggi. Lo sanno fare meglio di noi».

Voi siete forse un'eccezione, ma in generale gli stilisti milanesi non si sono impegnati troppo per la loro città.
«Noi siamo imprenditori. Non c'è obbligo nel dare alla città. La nostra missione è far bene il nostro lavoro, creare ricchezza, far circolare idee. Poi chi dà, dà. Il Bill Gates filantropo, mi pare, è una tendenza recente».

Achille Maramotti ha aperto la sua collezione d'arte a Parma solo dopo la sua morte. Giovanni Agnelli, con la Pinacoteca al Lingotto, non si è proprio sprecato.
«Non mi trascinerà in polemiche (largo sorriso)».

Signora Prada, il concetto di imprenditore illuminato ha ancora senso?
«Questo sì, direi di sì. Mio marito e io non investiamo nella Fondazione Prada in quanto filantropi, ma per il gusto di fare le cose bene. Se tante aziende cercano la qualità e l'attualità, nel nostro come in altri settori, la massa critica alla fine contribuisce alla ricchezza della nazione».

Mi è piaciuto molto quello che ha detto e condivido.

1 commento:

Anonimo ha detto...

amo questa donna e la sua creatività :)

monsieurmauro.blogspot.­com/

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