lunedì 8 marzo 2010

Milano - Secondo Forattini



L’INTERVISTA Forattini: «restituire a Milano il verde e l'aria pulita» L'artista: «Sto con Piano. Più alberi e strade in galleria». «Progettiamo una città vivibile, con meno traffico» «Io metterei gli alberi in tutto corso Buenos Aires. Mi chieda perché». Perché? «Non solo perché rendono piacevole e più vivibile la strada. C’è anche la questione ossigeno, che è importante: le piante abbattono e molto l’inquinamento. Il traffico, in corso Buenos Aires, è terribile». Lo sa, Forattini, che in molti sostengono la necessità di una rivoluzione verde e rapida a Milano: da Claudio Abbado a Renzo Piano, a Guido Rossi... «È una cosa positiva. Il verde e la cultura — penso al teatro Puccini restaurato e appena inaugurato — riscattano questa Milano abbastanza incolta, e non romantica. Gli alberi, poi, sono una vecchia questione, se vuole ne parliamo». Giorgio Forattini è nella sua casa di via Spallanzani, in zona Baires. Il tempo d’un caffè, preparato dalla moglie Ilaria, e poi eccolo, un romano molto milanese, 79 anni a giorni, vignettista caustico, matita graffiante: «Io ricordo corso Buenos Aires con gli alberi, da bambino. Era una strada splendida». È cambiata parecchio, o no? «Tutta la città è cambiata, purtroppo. Io facevo parte della Commissione comunale ai Monumenti con Romano, Pomodoro, Cascella... Lo dicevo allora e lo ripeto: bisogna tornare alla Milano dell’infanzia, alla bellissima città liberty sconciata dai bombardamenti del 1943». Milano s’è risollevata, ha avuto il suo boom, è stata ricostruita... «Non com’era. Sono stati fatti questi palazzoni orrendi, soprattutto per speculazioni edilizie. E molti giardini sono stati cementificati». Ripensare Milano partendo dai suoi giardini, una suggestione romantica? «Gli alberi possono e devono essere piantati. È una battaglia che sposo, sto dalla parte dell’amico Renzo Piano». Il Comune ha trovato l’accordo sui 90mila alberi di Piano e Abbado, ma in piazza Oberdan ne metterà solo cinque, e nessuno sul corso: si dice che i negozianti abbiano protestato, le fronde oscurerebbero le vetrine. Che ne pensa? «Che non bisogna guardare al proprio interesse personale. Sugli alberi di Piano, ad esempio, s’è detto di tutto. La prima cosa, ridicola, è che dove passa il metrò non c’è spazio per le radici: è falso. Ora saltano fuori i sottoservizi, cavi e tubi, e poi i commercianti... Sono scuse». Solo scuse, dice. «Corso Buenos Aires deve rinascere come vero ingresso alla città». Parla il vignettista o l’urbanista? «Entrambi. Io non vorrei i lecci, alberi sempreverdi, ma i frassini: le foglie si fan gialle d’autunno, lasciano filtrare la luce, e il fiorire delle stagioni è bellissimo. Avevo anche preparato un progetto...». Che progetto, Forattini? «Una grandissima aiuola in Porta Venezia. Presentai il disegno all’ex sindaco Albertini, che mi rispose: "I soldi ce li hai tu?" (ride, ndr). Viale Majno, per dire, potrebbe essere interrato e l’area pedonale riunita ai giardini pubblici...». Le piace l’idea dei filari d’alberi da piazza Duomo al Castello Sforzesco? «Non sono molto convinto. Ma è sempre meglio averli, gli alberi, che desiderarli e averne nostalgia. Le piante sfasciate per fare i parcheggi sotterranei, quello è uno scempio: costruite pure cinque piani sotto, ma lasciate gli alberi sopra!». Le piace ancora Milano? «Non per come è stata ridotta. Certo, ci vivo, e ogni tanto vedo scorci incantevoli, strade bellissime, che hanno conservato lo spirito della città d’un tempo. Ma anche piazze distrutte, rovinate, circondate e inglobate dal traffico...». Troppe auto, troppo smog? «Faccio una richiesta semplice: le piste ciclabili. Perché a Parigi e a Roma le hanno fatte? Perché non ci devono essere piste ciclabili in una città che è tutta in pianura? È assurdo, o no?». Armando Stella Corriere della Sera Sono pienamente d'accordo. Ovunque sia possibile mettere un filare di alberi lo farei...

1 commento:

  1. E' un'utopia pensare ad una Milano ciclabile e con un po' più di alberi? Una Milano un po' "nordica"? Io penso (e spero) di no. E ora come ora (da architetto, da cittadina, da ciclista, da pedone e da non automunita) Buenos Aires è davvero invivibile.

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