Milano, apre l'hotel griffato Moschinoqui ogni stanza è ispirata a una favola
Una tentazione irresistibile per gli appassionati di moda, cucina, creatività, sogno: è pronta la Maison Moschino, il nuovo albergo firmato dalla griffe più ironica del panorama italiano, che aprirà al pubblico da giovedì 25 febbraio in via Montegrappa a Milano. In un bell'edificio dalle linee neoclassiche, un ingresso sui toni chiari, una spa gestita da Culti, una boutique. E 16 camere tutte diverse, ma accomunate dal tema delle fiabe e dei paesaggi onirici, perché"dormire è anche sognare". C'è Alice, con una tazza gigante al posto del tavolino, ci sono Capuccetto Rosso, la stanza dei dolci, quella dei petali di rosa, quella tutta d'oro o quella occupata da un gigantesco abito sa sera, tutto sotto la regia del direttore creativo Rossella Jardini e di Jo Ann Tan. Altre invenzioni riguardano il servizio in camera, fatto in una cappelliera, o la colazione, presentata in una scatola da scarpe. Nel ristorante Il Clandestino, affidato a una superstar della ristorazione come Moreno Cedroni, piatti di alta cucina e altre trovate originali, come gli appendiabiti per reggere i mestoli o le poltroncine "vestite" da abiti maschili e femminili (Mariella Tanzarella)
Il Palazzo era in origine la prima stazione ferroviaria di Milano, la seconda in Italia
Migliore sorte toccò al nobile Giovanni Putzer, rappresentante della ditta Holzhammer di Bolzano, che ottenne dall'imperatore Ferdinando I d'Austria, nel novembre del 1839, ”il privilegio per la costruzione di una strada a rotaie di ferroda Milano a Monza”.
A differenza della prima ferrovia italiana (Napoli-Portici), che era di progetto francese, la prima ferrovia lombarda fu interamente progettata dall'ingegnere milanese Giulio Sarti, figura di geniale costruttore e imprenditore, di cui un contemporaneo così tesseva le lodi:
”Dotato egli di un genio straordinario, volando all'avvenire, pensava qual sorgente di ricchezza e di prosperità commerciale erano destinate a produrre quelle vie di comunicazione, ch'erano ancora a que' tempi bambine. E noi che avemmo la troppo rara fortuna d'essere stati alla sua scuola educati, ricordiamo sempre con meraviglia le idee veramente sublimi da cui era guidato. Considerando egli la strada che costruiva non destinata solo pei piaceri e pegli ozii dei milanesi, ma come un filo di quella rete che dovea riunire le province lombardo-venete, il principale pensiero era quello che la strada dovesse servire al commercio”.
In quest’ottica sorse a Milano la prima stazione, la cui costruzione suscitò non poche polemiche e contrasti, soprattutto per la sua collocazione, che alcuni avrebbero voluto più centrale. Ma in quegli anni il Comune di Milano era contenuto entro la Cerchia dei Bastioni e le porte della città, ben munite, e presidiate da efficienti guarnigioni militari, venivano ancora tassativamente chiuse all'imbrunire. Anche il "Tombone di San Marco", attraverso il quale le acque del Naviglio, passando sotto i Bastioni, si riversavano nella Fossa Interna, veniva chiuso, impedendo il passaggio dei barconi che, prima dell'avvento della strada ferrata, costituivano uno dei principali mezzi di trasporto per le merci.Venne così deciso di costruire la stazione accanto alla Porta Nuova, vicino al Ponte delle Gabelle, fuori le mura, quindi non nel comune di Milano[1], ma nel Comune dei Corpi Santi (vedi pagina), nel settimo Mandamento, settimo Riparto. Non si trattava semplicemente di una costruzione provvisoria, ma di un solido edificio in muratura, che esiste ancora[2], dalla linea classica, a due piani, sormontato da un timpano triangolare. Qualcosa che doveva durare, e già previsto per un futuro sviluppo, anche se in realtà, come vedremo, rimase in funzione solo per pochi anni. Di fronte ad essa si attestavano i binari, completi di due piattaforme girevoli per le manovre, e coperti da più modeste tettoie.
Gran bel lavoro, anche se avrei demolito quel "moncherino" di edificio a lato.
Milano, apre l'hotel griffato Moschino
qui ogni stanza è ispirata a una favola
Una tentazione irresistibile per gli appassionati di moda, cucina, creatività, sogno: è pronta la Maison Moschino, il nuovo albergo firmato dalla griffe più ironica del panorama italiano, che aprirà al pubblico da giovedì 25 febbraio in via Montegrappa a Milano. In un bell'edificio dalle linee neoclassiche, un ingresso sui toni chiari, una spa gestita da Culti, una boutique. E 16 camere tutte diverse, ma accomunate dal tema delle fiabe e dei paesaggi onirici, perché"dormire è anche sognare". C'è Alice, con una tazza gigante al posto del tavolino, ci sono Capuccetto Rosso, la stanza dei dolci, quella dei petali di rosa, quella tutta d'oro o quella occupata da un gigantesco abito sa sera, tutto sotto la regia del direttore creativo Rossella Jardini e di Jo Ann Tan. Altre invenzioni riguardano il servizio in camera, fatto in una cappelliera, o la colazione, presentata in una scatola da scarpe. Nel ristorante Il Clandestino, affidato a una superstar della ristorazione come Moreno Cedroni, piatti di alta cucina e altre trovate originali, come gli appendiabiti per reggere i mestoli o le poltroncine "vestite" da abiti maschili e femminili (Mariella Tanzarella)
Il Palazzo era in origine la prima stazione ferroviaria di Milano, la seconda in Italia
Migliore sorte toccò al nobile Giovanni Putzer, rappresentante della ditta Holzhammer di Bolzano, che ottenne dall'imperatore Ferdinando I d'Austria, nel novembre del 1839, ”il privilegio per la costruzione di una strada a rotaie di ferroda Milano a Monza”.
A differenza della prima ferrovia italiana (Napoli-Portici), che era di progetto francese, la prima ferrovia lombarda fu interamente progettata dall'ingegnere milanese Giulio Sarti, figura di geniale costruttore e imprenditore, di cui un contemporaneo così tesseva le lodi:
”Dotato egli di un genio straordinario, volando all'avvenire, pensava qual sorgente di ricchezza e di prosperità commerciale erano destinate a produrre quelle vie di comunicazione, ch'erano ancora a que' tempi bambine. E noi che avemmo la troppo rara fortuna d'essere stati alla sua scuola educati, ricordiamo sempre con meraviglia le idee veramente sublimi da cui era guidato. Considerando egli la strada che costruiva non destinata solo pei piaceri e pegli ozii dei milanesi, ma come un filo di quella rete che dovea riunire le province lombardo-venete, il principale pensiero era quello che la strada dovesse servire al commercio”.
In quest’ottica sorse a Milano la prima stazione, la cui costruzione suscitò non poche polemiche e contrasti, soprattutto per la sua collocazione, che alcuni avrebbero voluto più centrale. Ma in quegli anni il Comune di Milano era contenuto entro la Cerchia dei Bastioni e le porte della città, ben munite, e presidiate da efficienti guarnigioni militari, venivano ancora tassativamente chiuse all'imbrunire. Anche il "Tombone di San Marco", attraverso il quale le acque del Naviglio, passando sotto i Bastioni, si riversavano nella Fossa Interna, veniva chiuso, impedendo il passaggio dei barconi che, prima dell'avvento della strada ferrata, costituivano uno dei principali mezzi di trasporto per le merci.Venne così deciso di costruire la stazione accanto alla Porta Nuova, vicino al Ponte delle Gabelle, fuori le mura, quindi non nel comune di Milano[1], ma nel Comune dei Corpi Santi (vedi pagina), nel settimo Mandamento, settimo Riparto. Non si trattava semplicemente di una costruzione provvisoria, ma di un solido edificio in muratura, che esiste ancora[2], dalla linea classica, a due piani, sormontato da un timpano triangolare. Qualcosa che doveva durare, e già previsto per un futuro sviluppo, anche se in realtà, come vedremo, rimase in funzione solo per pochi anni. Di fronte ad essa si attestavano i binari, completi di due piattaforme girevoli per le manovre, e coperti da più modeste tettoie.
Gran bel lavoro, anche se avrei demolito quel "moncherino" di edificio a lato.